Tutto è iniziato da una stanza senza finestre, una doccia e una serie di aforismi.
Per “Filmaker’s Magazine” mi occupavo di una rubrica sui film dai piccoli budget,
quando mi sono imbattuto nella dichiarazione di un produttore:
“Il film perfetto è quello che si può girare in un’unica stanza, senza finestre.”
Era tutto lì il segreto: avere un’idea che garantisse lo stesso risultato sia con cento
milioni di dollari che con centomila.
Ho iniziato quindi a chiedermi come sarebbe stato il film più “piccolo” possibile, quello
da girare nel minore spazio, nel più breve tempo e con meno attori e mezzi...
Poi ho rivisto “Sex Crimes” e la scena della doccia, quando Kevin Bacon si mostra
interamente nudo. In quel momento io e tutta la sala avevamo l’attenzione concentrata
su ciò che normalmente al cinema non si fa vedere e ho pensato che sarebbe stato
divertente se il film fosse continuato mostrando lo svolgersi della storia a quell’altezza...
In fine una sera stavo riordinando una serie di aforismi e brevi racconti su donne, amore
e sesso e mi chiedevo se sarei stato capace di trarne una sceneggiatura, ma non volevo
fare qualcosa di sentimentale...
Ma qualcosa di sentimentale con venature gialle, spruzzi di demenziale, cinismo a ruota
libera, che avesse come unico protagonista il pene, da girare tutto in un giorno e da
intitolare “UncuT”, beh questo mi sembrava un progetto interessante...
Ho scritto dunque un soggetto e poi direttamente la sceneggiatura e ho adottato una
tattica molto prudente: mi sono presentato nell’ufficio di Beppe Attene (che con la
Lantia aveva distribuito “Medley”) e gli ho raccontato la storia, ma solo dopo che lui ha
manifestato interesse, gli ho precisato il particolare “punto di vista”.
Lui si è grattato il mento e mi ha risposto che ci doveva pensare fino a lunedì.
Lunedì mi ha chiamato per informarmi che alle tre c’era una riunione per UncuT.
E pensare che la sceneggiatura gliel’avevo portata solo venerdì!...
Così è iniziata la preproduzione e che si trattasse di scafati mestieranti del cinema, o
persone che con il cinema non avevano nulla a che fare, ogni volta che si andava a
proporre il progetto, l’atteggiamento di simpatica incredulità era lo stesso.
Tre settimane dopo, il primo giorno di prove: mi sentivo tremare le gambe. Ormai
c’erano una trentina di persone coinvolte e parecchi soldi già investiti, tutto su un’idea
che non dava alcuna garanzia.
All’inizio di un film non si sa se sarà un film buono, ma di sicuro verrà fuori un film,
mentre questa sicurezza noi non ce l’avevamo: tutto dipendeva da un cd con incisa la
colonna audio guida, che ci avrebbe condotti in meno di una settimana attraverso i
settantotto minuti di riprese.
-Gionata, ti facevo più vecchio.
-Ma io sono vecchio dentro.
-Beh, questa è una qualità.
Questo il primo scambio di battute con Franco Trentalance, conosciuto di persona solo
sul set, ma della cui affidabilità ero certo, perché Franco è dotato di grande autoironia e
io mi fido delle persone che non si prendono troppo sul serio.
Con le attrici invece all’inizio è stato imbarazzante dire cose tipo: “Fatti toccare il culo
finché non parte la musica sul cd”, poi man mano che il film ingranava, loro si
divertivano ed è stato tutto più facile, sia con Cristina Mazzuzzi che con Morena Ciotoli
e soprattutto con Luisa Corleone, che per il film ha dimostrato una dedizione
immeritata.
Qualche mese dopo, ho scritto di UncuT nella rubrica di Filmaker’s Magazine, parlando
della stanza senza finestre, del punto di vista del pene e del libro di aforismi e il cerchio
si è chiuso...